Un professionista svolgeva delle prestazioni in favore di un ente pubblico, costituite nella progettazione di panchine da installare sul lungomare del relativo Comune, in assenza di formale incarico, agendo poi nei confronti della Pubblica Amministrazione per vedersi riconosciuto un indennizzo a fronte dell’indebito arricchimento che l’amministrazione stessa aveva tratto dalla sua attività.
L’istituto dell’arricchimento senza causa, disciplinato dagli artt. 2041 e 2042 c.c., prescrive infatti che “chi, senza una giusta causa, si è arricchito a danno di un’altra persona è tenuto, nei limiti dell’arricchimento, a indennizzare quest’ultima della correlativa diminuzione patrimoniale”. Nel caso di specie, l’arricchimento è consistito nel vantaggio rappresentato dall’incremento patrimoniale registrato dalla Pubblica Amministrazione in assenza di relativo corrispettivo.
Discrimen di origine giurisprudenziale che differenzia la disciplina dell’istituto nei rapporti tra soli privati e in quelli tra privati e Pubblica Amministrazione è relativo all’onere di allegazione del riconoscimento, esplicito o implicito, dell’utilità dell’opera da parte del soggetto pubblico. Nel caso di specie, tale riconoscimento è incontestabile e si è estrinsecato nell’utilizzazione concreta dell’opera. Per ottenere il soddisfacimento del proprio credito, il contraente privato è legittimato ad agire sia contro il funzionario o dipendente che ha permesso la realizzazione dell’opera, sia, in via surrogatoria ex art. 2900 c.c., nei confronti dell’ente, al fine di assicurarsi che siano soddisfatte le ragioni del proprio debitore (il funzionario creditore verso la pubblica amministrazione) quando il patrimonio di quest’ultimo non offra adeguata garanzia.